Sono arrivato a Londra alle sette di sera. Ormai non ho più bisogno che qualcuno mi venga incontro, ma sono assolutamente in grado di arrivare fino in zona 3, ad ovest, partendo da Stansted. Niente più bus fino a Victoria, ma uno più veloce fino a Stratford e da lì, ricarica per la mia Oyster Card, 3 zone per una settimana, e via, tutta la Central fino ad Ealing Broadway e da lì 5 minuti di bus fino a Northfields.
Il primo e il secondo giorno devo dedicarli alla mia ragazza. Non la vedo da un po’ ed è anche il suo compleanno, quindi dopo una gran cena cinese appena arrivato, il martedì mi aspettano una bella passeggiata in centro e un branch cinese, corredato dall’acquisto di un nuovo cappotto per evitare di morire di freddo. Alla mia domanda su che tempo facesse a Londra, infatti, la mia ragazza mi ha tranquillizzato con un menzognero “più o meno come a Roma”. Al che sono partito con niente più che un giacchetto molto primaverile, per trovarmi praticamente a battere i denti non appena sono sceso dall’aereo. Un bel piumino con cappuccio è quello che ci vuole, anche in vista delle probabili piogge dei prossimi giorni.
Finalmente mercoledì si parte. Ho la giornata tutta per me, non devo fare altro che organizzare il viaggio e cominciare a camminare. La prima tappa sarà il ground del Hampton & Richmond Borough. Il giro è semplice da Northfields si va verso zona 4, fino a Hounslow East da lì si prende il 111 verso Kingston, per una mezz’oretta. Si scende a Algar Court e il gioco è fatto.
Piove piuttosto forte. Siamo ad Hamtpon. La zona è molto bella, molto signorile, le macchine procedono lente e il Tamigi scorre poco più in là. Non appena avrò visitato l’impianto mi concederò una parentesi culturale raggiungendo la vicina Hampton Court, una delle attrazioni più belle di tutta Londra. Dopo essere sceso dal bus faccio qualche passo a piedi e sulla sinistra noto il cartello che introduce verso il Beveree Stadium. Giro attorno ad un muro e mi trovo nel piazzale, dove un cartello annuncia che siamo arrivati alla casa dei Castori.
Fra i tanti soprannomi, non si può dire che quello della squadra del quartiere di Hampton e Richmond sia fra quelli più accattivanti. Sembra che addirittura sia stato votato come peggiore di tutta l’Inghilterra da una popolare rivista sportiva. Anche intorno all’origine c’è un certo mistero: due le opzioni principali. La prima sembra prendere spunto dalla vicina Beaver Close, che potrebbe dare il nome alla formazione, Ma c’è anche un’altra versione, forse meno realistica, ma più affascinante che racconta di un vecchio torrente che scorreva dove ora si trova il campo e che andava poi a tuffarsi nel Tamigi, 200 metri più in là. Sembra che questo fosse l’habitat perfetto dei castori, ormai estinti da molti secoli dall’Inghilterra.
La squadra soffre di una sorta di sindrome di abbandono. Infatti, in questa zona il calcio non è sicuramente lo sport più seguito e il rugby la fa da padrone. La speranza di raccogliere un più nutrito seguito, ha spinto la società a cambiare nome nel 1999 per coinvolgere una fetta di popolazione più ampia: da Hampton Fc, all’attuale Hampton & Richmond Borough Fc. Tuttavia non sembra che lo stratagemma abbia portato più di tanti risultati.
Il ground è aperto e posso arrivare praticamente fino al terreno di gioco. Ci sono delle macchine parcheggiate, ma non si vede nessuno per fare due chiacchiere. Il campo porta ancora i segni della partita che è avvenuta la sera prima, con scivolate in bella vista e il segno dei tacchetti del portiere nell’arietta piccola. La struttura è di tutto rispetto, per la categoria e rimane incastrata fra gli alberi, in modo che sembra più piccolo di quello che è. La tribuna principale si trova a centrocampo, dalla parte opposta alle panchine, ma tutti i lati del campo hanno delle strutture coperte. La Club House sembra piuttosto curata, ma la porta è chiusa e non posso entrare. Direi che il nostro tempo qua è finito, è ora di andare avanti, verso Walton, passando, come previsto dall’Hampton Court.
Non potendo conoscere così bene tutta Londra per girarla uso il navigatore di Google. Devo dire che è molto più intuitivo e veloce di qualsiasi app della Trasport For London. Mi localizza, inserisco la destinazione e poi mi fornisce le indicazioni sui mezzi più veloci da prendere. Questa premessa per dire però che a volte, anche Google sbaglia. Vorrei arrivare a Walton, ma sembra che non ci siano autobus. L’unico che mi indica è un autobus che passa due volte l’ora e che comunque mi porta sull’altro lato del Tamigi, senza ponti nelle vicinanze. La soluzione non mi convince e decido di cambiare tragitto: abbastanza vicino c’è il Walton Road Stadium, detto anche The Herds Renault Stadium. Per arrivarci potrei prendere un autobus, ma posso anche farmi una passeggiata di una ventina di minuti. Piove ormai poco e opto per questa seconda opzione.
La strada più breve consiste nell’attraversare il Tamigi e percorrere le vie residenziali di West Molesey, percorrendo questa ansa del fiume, dove ancora sembra esserci un discreto benessere anche se non così fastoso come a Richmond o Hamtpon. Su Walton Road, vengo preso dalla gran voglia di una birra, ma non sembrano esserci troppi pub in vista e comunque è tarda mattinata. Il primo che incontro è deserto. Ma proprio nel senso che non c’è nessuno neanche dietro il bancone. Esco e ricomincio a camminare. Finalmente trovo un altro pub proprio in prossimità dell’impianto. Si chiama The Lord Hotham e all’ingresso vengo letteralmente aggredito da due cani delle dimensioni di due gatti. Mi abbaiano e ringhiano contro fino a quando un omone grande e grosso non gli urla contro qualcosa e li fa scappare nel retro. Salgono entrambi su un divano dal quale mi guardano male.
L’omone sarà più di cento chili, ha la testa rasata e davvero pochi denti in bocca. Sembra affaccendato nella preparazione del pub per il pomeriggio e inizialmente non mi rivolge parola. Chiedo la birra e gli do 5 pound perché non capisco assolutamente cosa mi dice, quando mi comunica il prezzo. Nel frattempo arriva un omone tale e quale a lui che scarica delle bottiglie, comincia a rivolgermi parola, parlando del tempo. Gli dico che sta piovendo molto e gli chiedo se sono vicino allo stadio del Molesey, lui sgrana gli occhi e mi dice di sì, ma mi dice anche che è una merda e che dovrei andare a vedere lo stadio del Chelsea. Gli spiego, senza convincerlo, che sono un appassionato, gli faccio i complimenti per la birra e riparto.
Lo stadio si trova sulla sinistra, percorrendo Walton Road in direzione di Walton. La squadra può essere considerata una nobile decaduta del calcio dilettantistico londinese. Negli anni Novanta raggiunse il gradino più alto della Isthmian League, per poi sprofondare in anni più recenti. Attualmente milita nella Premier della Combined Counties League, il nono livello della Piramide, il quinto dei dilettanti. Il piazzale antistante l’ingresso al terreno di gioco sembra una pubblicità della Non League. Immense pozze d’acqua marrone, una macchina troppo vecchia per essere ancora funzionante e i resti di quella che con ogni probabilità era stata l’attrezzatura sportiva della squadra.
Visto l’orario non c’è nessuno, ma si intravede una bella Club House, molto retrò piena di polverosi trofei di chissà quale competizione locale. Il campo dall’ingresso sembra modestro, per entrare mi accorgo che basterebbe alzare il chiavistrello, ma non vorrei far innervosire nessuno e rimango fuori dove comunque c’è una buona vista dell’impianto.
Si vede un casottino di legno, dove durante le partite si vendono i programmi e una porta di quelle vecchio stile con le bossole soltanto a tenere la rete. Lungo tutto il campo corre una staccionata pitturata di bianco con i pali neri, che riprende così i due colori della squadra. Quello che non si vede è l’imponente tribuna coperta, una struttura in muratura che contiene anche delle stanze nella parte più alta e che un po’ stona con l’impatto minimalista del resto dello stadio.
Salutiamo lo stadio delle Moles, le talpe, scattando un’ultima foto all’ingresso bianco e nero con le tre lettere MFC e ci prepariamo alla prossima tappa: Imber Court, East Molesey, lo stadio della Metropolitan Police. Appena lascio il campo del Molesey, mi trovo davanti uno di quegli spettacoli che sono l’Inghilterra può regalarti. Un pitch perfetto, senza righe, con due porte senza reti, e un manto di foglie ingiallite a terra. Sembra di trovarsi in una cartolina, ma è tutto vero.
La mia app del TFL ha un’unica utile funzione, dirti fra quanto passerà il prossimo autobus. Visto che manca ancora parecchio colgo l’occasione per cercare qualcosa da mangiare. Dopo un po’ passa il primo autobus utile per andare verso Imber Court. Dovrò fare qualche fermata e poi un pezzo a piedi. Pioviggina e fa abbastanza freddo, ma la zona è molto carina ed è un piacere passeggiare.