Se a Londra dici Est, nel calcio, la gente capisce solo West Ham. I più appassionati possono anche immaginarsi Leyton Orient, ma nessuno – o solo un groundhopper – penserà al Dagenham and Redbridge. Dopo una colazione con una vecchia amica che non vedevo da anni, parto da Liverpool Street, verso Hornchurch, fermata Dagenham East. Appena scendo prendo a sinistra, oltrepasso la caserma della polizia e cammino sulla via principale finché non trovo il cartello che mi indica Victoria Road.
Il primo impatto è molto buono. Lo stadio ha un bell’ingresso, c’è un bel parcheggio con lo shop in mezzo. Tuttavia una volta entrato nella club house mi ritrovo di fronte due signore piuttosto cafone che a malapena alzano la testa dai loro affari. Mi servono una pinta di sidro, ma di visitare lo stadio o di aprirmi lo shop non se ne parla nemmeno.
Dopo la fallimentare prima esperienza a est, provo a rifarmi con una bella passeggiata nel Sud Est. Siamo ormai all’ultimo giorno. Fra ventiquattro ore dovrò essere a Stansted per tornarmene in Italia; il corpo, ma soprattutto la mente mostrano i primi segni di stanchezza. La scusa è una gita a Greenwich con ragazza annessa: galeone, università, osservatorio. La realtà si chiama The Valley. La casa del Charlton Athletic.
Si arriva con un autobus, un cheeseburger a un fast food a 100 metri dallo stadio e via. Prima tappa allo shop. L’ho puntata da due mesi: la away di quest’anno dev’essere mia. Investo 42,50 pound in una meravigliosa casacca da trasferta, e faccio conto tondo con 2,50 sterline per la spilletta. Purtroppo lo stadio è chiuso e non c’è nessuno che può farci entrare. Ma ci fermiamo di fronte alla statua di Sam Bartram e scattiamo qualche foto da lì. L’impressione, anche dall’esterno, è ottima e si respira un’aria di quartiere popolare che emoziona e infiamma.
L’ultimo stadio del nostro lungo viaggio ci serve per chiudere il cerchio (in attesa del Vicarage Road, troppo lontano per ora) degli stadi dalla Premier alla Conference. L’obiettivo è Park View Road. Da Charlton non è lontano, ma neanche così vicino come sembra sulla cartina. Ci mettiamo mezz’ora di autobus, e quando arriviamo la struttura non è che ci esalti particolarmente. Intanto è chiusa la club house e lo shop neanche si vede; e la parte dell’Erith & Belvedere, che con le Wings (il Welling United) divide la struttura, non è proprio accessibile. Almeno possiamo avvicinarci al terreno di gioco e scattare qualche foto, ma niente di più.
Il rientro a casa serve solo per fermarsi da Lilywhites e spendere le ultime sterle per prendere quella maglia dei Rangers in offerta che mi guarda da quando sono arrivato a Londra.