The Hammers and the Lion: intervista a Danilo De Nardis

the-hammers-and-the-lionDanilo De Nardis è un grande appassionato di calcio e in particolare di calcio inglese. Parlare con lui è un piacere. Come un piacere è leggere i suoi libri: Danilo infatti si è dilettato nella scrittura di ben due libri. Il primo The Hammers and the Lions, racconta di una storia di vita e di amore (forse) con sullo sfondo la rivalità fra West Ham United e Millwall. Il secondo libro invece parla della vita del leggendario portiere Bert Trautmann e si intitola L’Eroe sbagliato. Abbiamo fatto due chiacchiere con lui.

Partiamo dall’inzio, come si dice. Se ne sente tanto parlare, ma come nasce la rivalita fra West Ham United e Millwall?

Questa rivalità è quello che ha in fondo dato il via a questa pazza mia storia. Laddove in Italia le rivalità sono per lo più territoriali o per causa di particolari contrasti tra le tifoserie, tra il Millwall e il West Ham c’è un rancore che nasce esattamente nel 1926 allorché i lavoratori dei cantieri navali tifosi degli hammers si schierarono a favore dello scipoero generale, mentre buona parte dei lavoratori delle banchine, per di più provenienti dalla Scozia non optarono per questa protesta. Da lì in poi: ”botte da orbi”.

Su che cosa verteva lo sciopero?

Lo sciopero fu indetto per i tagli ai salari, soprattutto nei confronti dei minatori di origine gallese e contro la nazionalizzazione dei cantieri navali del sud est del Tamigi. Si abbassarono i salari e per solidarietà e per paura che una tale involuzione potesse colpire anche i lavoratori portuali fu indetto questo sciopero. Il discorso è molto più ampio ma il succo è questo.

the-hammers-and-the-lionDa lì parte la rivalità, che in realtà è rimasta spesso inespressa, visto che le due squadra si sono incontrate sempre poco, giusto?

Giustissimo. il Millwall si barcamena da anni tra la Championship e la League One. Anche il West Ham non ha mai raggiunto le vette del calcio inglese. Ma c’è qualcosa in entrambe di queste compagini che le rende speciali. Ad esempio, i loro stadi…

The Den e The New Den da una parte, Upton Park dall’altra. Parlacene…

The Den non l’ho mai visitato. Mi dicono essere stato un catino in cui la paura ti assaliva anche se solo provavi ad entrarci. I Bushwackers sono leggenda in Inghilterra, per la loro brutalità e, nonostante quella particolare zona di Londra abbia goduto dalla prima metà degli anni Ottanta di una sorta di riconversione, immediatamente a nord del grande fiume e in quartieri nient’affatto chic a sud, si ha un forte senso di appartenenza, spinto fino all’estremo. Lì di giocatori estrosi, quasi non ne vogliono. Si esigono lottatori, quasi dei killer. Upton o Boleyn Ground l’ho visto e chiudendo gli occhi ti manca il fiato. Sapere che da quelle parti ha transitato un certo Bobby Moore ti lascia interdetto. Come ti lascia in questa condizione sapere che in quella zona di Londra, dove ogni giorno si consuma ogni sorta di violenza e scontri razziali, tutto finisce nella bella Green Street quando c’è una partita del West Ham.

In questa cornice, si colloca il tuo libro. Raccontacelo in poche righe.

E’ una storia a sbalzi temporali. Un po’ un thriller, un po’ un noir, con il calcio, il bello e stramaledetto calcio, sempre nel mezzo, quale specchio totale della vita. Il libro è nato tutto un po’ per caso, con un viaggio di 36 ore fatto a Londra per una sorta di ex voto e perché, diciamoci la verità, si deve conoscere la storia: non si combatte la violenza con le restrizioni, ma con la cultura. Ok, quello è il mio nemico, ma io lo rispetto e gliene do di santa ragione, ma non vado, ad esempio, a infangare i morti, anzi li vado a piangere. In fondo tutto qui…

paolo-di-canioSpiegaci meglio…

Se lo dico in giro, ai benpensanti italiani mi danno del pazzo. C’è da una parte la cultura ultrà, fatta anche di scontro fisico: dall’altra la storia. L’Inghilterra è la patria del tifo violento. Continuano a darsele, e molto. Ma hanno capito che conviene darsele in un prato o in un cantiere in disuso. E non solo per le restrizioni. Hanno forse capito che in uno stadio ci sono bambini e famiglie che non possono e non devono essere coinvolti in quella sorta di “fight club”. Tutto questo anche grazie all’editoria inglese, sempre prolifica nella stesura di bei libri sullo sport in generale e sul calcio in particolare. Ci sono tantissimi, bravi scrittori in Italia, non come me, che sono solo un appassionato che combatte l’insonnia digitando sul pc i propi pensieri. Purtroppo manca il coraggio dell’editoria italiana, che è più propensa a pubblicare storie di santi e di ricette. Ecco come si fa cultura sportiva. Ecco perche stimo molto il tuo impegno.

Grazie dei complimenti, si prova a parlare un po’ di calcio inglese, lontani dai toni mainsteam. Ma torniamo a te: Millwall o West Ham?

Simpatizzo per il WHU, per tanti motivi. E poi quei colori così mal assortiti. Sì sono sempre su Livescore quando giocano gli hammers. E quel loro inno e che sembra un tormentone estivo mi mette di buon umore. Poi ti parlavo di quell’ex voto prima. Era per quel pazzo di Paolo Di Canio. Successe molti anni fa dopo un anno terribile. Mi ricordo che ero solo un ragazzo, ma sentivo che dentro di me qualcosa era cambiato: forse dovevo osare e tornare ad essere solo un ragazzo.

Ad un anno esatto dalla morte di mio padre, Paolo segnò nel derby del 1989, regalandomi quella gioia incredibile. Giurai a me stesso che quando quel futuro campione avrebbe disputato una finale importante, ovunque fosse stata, io ci sarei andato. Non successe mai da giocatore. Poi come allenatore dello Swindon raggiunse la finale di League Trophy. Scoprii incredulo si sarebbe giocato a Wembley. Lasciai moglie e figli per 36 ore e partii…

Bellissimo, estremamente romantico.

E’ difficilissimo spiegare quello che provo, al di la delle sue azioni non sempre politicamente corrette, per Paolo. Mi diede grande forza allora, e me ne dà ancora. Non è oro colato quello che fa o dice, ma è sincero. Il mio modello rimane il mio povero papà, perso troppo presto, ma Paolo riesce a darmi una carica straordinaria. Nel libro Di Canio fa una sorta di monologo cercando di spiegare al protagonista il suo modo di intendere la politica e il calcio.

l-eroe-sbagliatoInsomma ti piacciono i giocatori simbolo, con una carica umana, oltre che sportiva. Come il personaggio del tuo nuovo libro. Giusto?

Trautmann è il calcio in tutte le sue forme. Vittorie, sconfitte, drammi, gioie. Se c’è un personaggio che ha saputo condensare tutto questo è stato il signor Bert. E ti assicuro che quei 17 minuti di Wembley giocati con il collo spezzato, sono un’inezia in confronto alla sua storia strordinaria. Il mio unico intento era quello di far conoscere la sua storia anche qui in Italia. Poche pagine, molte citazioni, affidandomi a film o libri per descrivere le sue vicende e un po’ di immaginazione, cercando di immedesimarmi nelle sue ultime ore di vita. Se solo un ragazzino, diventa curioso e va a vedere chi era questo signore qui, io avrò vinto. E dopo non credo che si innamorerà cosi facilmente di un giocatore della squadra per cui tifa solo per un gol, o una parata difficile. Lui ha vinto tutto quello che c’era da vincere nella vita, sapendo superare la diffidenza degli inglesi e della comunità ebraica di Manchester.

bert-trautmannTornando al discorso della letteratura sportiva, mi sembra che qualcosa si stia muovendo in Italia. Anche se rimaniamo, esclusi rari casi, nella lettaratura di nicchia. Occorre però fare un plauso a chi rischia, come Urbone, Bradipo ecc. Non trovi?

Sì in effetti sì. Lasciami spendere due parole per Gianluca Iuorio e la sua creatura, la Urbone Publishing. Al di là i libri del sottoscritto, che ripeto, è solo un semplice appassionato, sta facendo un grandissimo lavoro proponendo quasi quotidianamente dei lavori che sono di una bellezza incredibile. Paliotto o Galeotti, sono dei guru in questo campo, hanno delle grandi penne e riescono a dire ciò che io riseco a fare in due pagine, condensandole in un paio di righe. Passione e coraggio e belle storie di sport, ti assicuro ce ne sarebbero a migliaia.

10 thoughts on “The Hammers and the Lion: intervista a Danilo De Nardis

  1. Alisa Chshmarityan:Spasibo za teylpiye slova za teylpiy priyem v Belorussii. Mi gordimsya,za armyan za predelami nashey Rodini,za takix predstaviteley armyanskogo naroda, kak Nonna Nersisyan. Nonnochka ya rada,chto poznakomilas s vami!!!!Udachi v tvorcheskoy i lichnoy jizni!!!!Nadeyus eshe vstretimsya

Comments are closed.