Princes Park, breve riflessione sugli stadi britannici

dartford - princes park1a cura di Alessandro D’Agostino (Show me the way to Plough Lane)

È luogo comune asserire che gli stadi moderni sono tutti uguali e spesso brutti. L’assunto non è privo di fondamento, purtroppo, e forse bisognerà aspettare una cinquantina d’anni prima che queste strutture guadagnino quella patina del tempo che conferisce ad uno stadio un fascino particolare: “Eh, quei bei vecchi tempi dei primi anni al New York Stadium…!” borbotteranno i vecchi tifosi del Rotherham tra mezzo secolo, scambiandosi occhiate d’intesa.

Nel frattempo, coloro che frequentano d’abitudine i campi di calcio inglesi si devono accontentare – a tutti i livelli – di veri e propri frigoriferi. A conoscenza di chi verga queste righe, esiste una luminosa eccezione: Princes Park di Dartford.

dartford - princes parkBasterebbe leggere le cifre: su una capienza di 4.100 spettatori, solo 642 posti sono a sedere; e questo già predispone al meglio chi ama il football.

E poi lo stadio è proprio bello. Esterni lignei, tetti coperti da sedum, riciclo delle acque, pannelli solari: una generale attenzione dell’ambiente che ha permesso al suo progettista, Alexander Sedgley, di vincere il premio dell’Observer come struttura sportiva “verde” per il 2012. Il terreno di gioco è posto addirittura due metri al di sotto del piano di campagna circostante al fine di diminuire l’impatto sonoro e l’inquinamento luminoso.

dartford - princes parkTutto questo con richiami alla tradizione, come i turnstiles in puro stile classico calcistico, che ricordano – tra tanti – quelli di Craven Cottage.

Lo stadio non è di proprietà della società, ma del Dartford Borough Council; forse proprio questo ha permesso lo stanziamento di una forte somma, intorno a sette milioni di sterline, che un club di non-league difficilmente si sarebbe potuto permettere. Inaugurato nel 2006, la sua costruzione ha posto fine all’esilio del club dal proprio Borough di origine, situazione dolorosa che perdurava dal 1992; una storia già sentita, purtroppo.