Immaginate di essere un vecchio tifoso del Manchester United che si aggira dalle parti di Stretford, nei pressi di Old Trafford, il 20 gennaio del 2017, un venerdì qualunque senza nessuna partita. Ci siete voi, i locali che vivono di calcio e che si riempiono solo nel match day, quando lo United gioca in casa, qualche passante ed un pugno di turisti. Ecco adesso figuratevi la scena in cui uno di questi passanti o turisti, completamente ignaro della storia o delle dinamiche del football, trovatosi casualmente a passare di lì vi guardi e non resista nel chiedervi chi possa mai essere stato questo Sir Matt Busby a cui è intitolata la strada in cui sorge quello che tutti chiamano “The Theatre of Dreams”, Old Trafford, uno degli impianti calcistici più gloriosi ed intrisi di storia al mondo.
Ecco se questa cosa capitasse a me,personalmente, non riuscirei a trattenere un mezzo sorriso. Un gesto totalmente involontario, già perché nell’ottica di un tifoso del Manchester United non si può ignorare la storia del più grande simbolo del club maggiormente conosciuto al mondo. Tuttavia di fronte mi ritrovo un tizio che, per un motivo o per un altro, non conosce Sir Matt Busby…quindi probabilmente non conosce nemmeno un altro Sir caro alla storia dei Red Devils, Bobby Charlton, e forse ha sentito nominare Best per una delle sue bravate e non certo per il meraviglioso calciatore che fu. Sarebbe un insulto alla memoria di Sir Matt, morto esattamente 23 anni fa, il 20 gennaio del 1994, non rispondere, infischiarsene e non rendere partecipe un ignorante in materia di una delle più gloriose personalità del football d’oltremanica.
Il sorriso, dunque, lascia spazio ad uno sguardo diverso, sicuramente più intenso, e la memoria inizia a raccontare, toccando con dovizia di particolari ogni momento felice, ogni vittoria, ogni difficoltà, fino ad arrivare alla tragedia dalle cui macerie nacque la nuova, tanto agognata e più grande delle vittorie e…poi che altro?
Ecco, forse sta proprio qua il punto focale del nostro discorso, totalmente ipotetico e forse pretestuoso. Come si può raccontare senza risultare ripetitivi e noiosi una delle vite più meravigliosamente legate al calcio che amiamo di più, quello inglese. Eppure questa è una storia che dà incredibili spunti. A partire dall’inizio, un inizio datato 1945, anno in cui tenendo fede ad accordi precedenti con la dirigenza dello United, lo scozzese Matthew Busby, ex giocatore di Manchester City ed ex capitano del Liverpool (le principali rivali del Manchester United in terra inglese) accettò per un compenso irrisorio di ricostruire, assieme ad un Old Trafford devastato dai bombardamenti del conflitto mondiale appena conclusosi, una squadra che dominasse in patria e all’estero. Il grande lavoro di Busby e l’empatia che creò con i propri calciatori per cui rappresentò una vera figura paterna, ci conducono ai primi successi, quello del ’48 in FA Cup contro il Blackpool di Stanley Matthews e quello del ’52 in First Division, un titolo che mancava da oltre 40 anni ad Old Trafford. Due trofei che diedero vita ad un ciclo. Un ciclo destinato a spezzarsi il 6 febbraio del 1958, con il disastro aereo di Monaco, in cui diversi “Busby Babes” persero la vita ed in cui lo stesso manager scozzese rimase gravemente ferito.
Dalle macerie di una squadra dilaniata da tale tragedia, Busby riuscì a costruire un altro pezzo di storia del Manchester United e del calcio inglese. Perno iniziale di tutto fu Bobby Charlton, sopravvissuto come il proprio manager al disastro aereo, a cui tra il ’62 e il ’64 vennero affiancati rispettivamente Dennis Law e George Best. Il resto è storia fino a quel 29 maggio del 1968, giorno in cui Sir Matt colse la propria vittoria più grande, quella voluta in maniera ossessiva ed annunciata dagli altoparlanti di Old Trafford poco dopo la tragedia aerea di Monaco, mentre si trovava ancora in ospedale: “Aspettatemi, aspettateci, perchè noi vinceremo la Coppa dei Campioni”. E quel 29 maggio, dunque, contro il Benfica di Eusebio a Wembley, la vittoria della Coppa dei Campioni rappresentò la fine di un percorso partito dieci anni prima in un letto d’ospedale, la fine di un percorso che sembrava non giungere mai. Dopo l’incredibile carriera da tecnico fu anche General Manager dello United ed infine ne divenne Presidente fino al 20 gennaio del 1994, quando fu portato via da un brutto male.
E’ incredibile come alla fine di una storia talmente grande e talmente nota, ogni volta si riesca a rimanere ancora una volta completamente presi ed ammaliati. Già, ammaliati come gli occhi del nostro immaginario passante, che dopo il vostro racconto, avrà sicuramente compreso perché quella di fronte ad Old Trafford, oggi si chiami Sir Matt Busby Way.
Gianluca Colasanti