Da Dulwich ad Canons Park ci vuole un’oretta di metro. Fortunatamente con me ho un gran bel libro: British Corner di Simone Galeotti. Una piccola perla che parla di storie di calcio britannico, scritte veramente bene. Mi ritrovo quasi a piangere mentre leggo del Manchester United e del disastro di Monaco e a emozionarmi per le due squadre di Dundee. Arrivo alla fermata dello stadio del Barnet che il sole sta tramontando. Già di per sé è un quadro romantico.
Ma non rende abbastanza l’idea. C’è bisogno di sforzare un attimo l’immaginazione e creare un ambiente idilliaco dove un campo sportivo corre dietro all’altro, in una distesa verde di prati, all’inglese. La luce arancione dà un senso di calore e rilassatezza. Mi tolgo le scarpe e passeggio sull’erba andando incontro all’alveare.
The Hive è il più nuovo degli stadi delle squadre professionistiche di Londra (anche se Barnet è uscito dalla Football League, rimane ancora professionista). La sua adozione ha portato più di qualche polemica, ma il colpo d’occhio e la location ripagano lo stanco tifoso che arriva a vedere la partita. Entro nello shop e cerco una maglia, anche dell’anno prima. Ma oltre a non essere bellissime, hanno prezzi un po’ altini. Mi accontento di una spilla. La vera sorpresa è la club house. Ha una finestra enorme che affaccia direttamente sul campo. Mi prendo una London Pride e mi rilasso al sole.
Purtroppo è già tempo di ripartire, mi aspettano per cena. Rifaccio la strada all’indietro quando, in uno dei campi che compongono il complesso del centro sportivo, mi becco Qpr-Barnet, giovanili femminili. Prima il piacere e poi il dovere. C’è sempre tempo per il calcio.
Mentre stavo alla stazione di Canons Park, lontano, sfocato dalla distanza l’ho visto: l’Arco. La storia del calcio era distante solo pochi chilometri. Wembley mi chiamava. Ovvio che il giorno dopo ho organizzato la mia mattinata per visitare lo stadio degli stadi. Partenza come al solito da Northfields: Piccadilly Line fino ad Acton Town e da lì cambio di ramo e, sempre la stessa linea, ma in direzione Uxbridge, fermata Ruislip, zona 6. L’obiettivo è lo stadio del Wealdstone, omaggio all’amico Marco Parmigiani. Devo dire però che ultimamente le Stones sono anche entrate nel mio cuore, soprattutto grazie all’acquisto di uno dei miei giocatori preferiti: Glen Little, il Pirlo della Conference.
La zona è meravigliosa. Calma. Ricca. Verde. La passeggiata verso l’impianto è un piacere. Arrivo al Grosvenor Vale in un caldo e assolato mattino. Non c’è nessuno con l’esclusione di una persona che si allena al tiro con l’arco. Scatto qualche foto, faccio il giro e arrivo dall’altra parte del campo. Mi prometto di venire a vedere una partita.
Mentre cammino cerco un pub, ma la zona è assolutamente residenziale e non c’è niente. Mi convinco, sono nell’estrema periferia ovest, non mi ricapiterà: devo fare il giro completo. Prossima tappa Earlsmead Stadium, casa dell’Harrow Borough e, per quest’anno, dell’Hendon. Paradossalmente la zona sembra ancora più ricca e immacolata. Anche questo stadio purtroppo è vuoto, ma a differenza di quello delle Stones, isolato e pacifico, questo sorge fra le villette e non si vede praticamente niente. C’è un signore che pulisce gli spogliatoi, ma forse parla meno inglese di me e dopo un paio di tentativi ci rinuncio e riprendo a camminare. Non troppo lontano gioca il North Greenford United.
Quello che mi trovo davanti quando giro l’angolo dell’ultima via abitata è un immenso parco che corre in salita, con un prato che dopo qualche centinaio di metri diventa bosco. Il campo è pieno di gente che corre e più in là c’è un’insegna, accanto a un baracchino di legno. E’ una società sportiva gaelica, o qualcosa del genere. Cinquanta metri più in là, in mezzo a due ali di alberi, c’è un cancello e sopra un cartello. Siamo arrivati.
Stavolta è tutto aperto; mi siedo sulla stand dietro la porta e scatto qualche foto. Inutile dirlo il manto è meraviglioso e anche la club house sembra carina. Purtroppo non c’è nessuno e devo accontentarmi, rimanendo con la sete.
Prima di andare a Wembley vero e proprio, proprio perché mi trovo a passarci davanti, visito anche lo stadio del Wembley FC. Devo premettere che è una squadra che mi sta molto antipatica, una trovata pubblicitaria (hanno preso vecchi giocatori e hanno uno sponsor importante – ma vale solo per la FA Cup, ndr) e in più un amico mi aveva messo in guardia. Insomma riesco a malapena a fare due foto da fuori e scappo verso il più famoso Wembley Stadium.
Non mi dilungherò troppo sullo stadio degli stadi. In molti ne hanno parlato prima e meglio di come potrei fare, però vi garantisco che l’emozione di scendere dalla metro, percorrere quella scalinata e trovarsi di fronte quell’arco è una cosa per cui vale la pena andare a Londra. Fidatevi.